2-1 LE PIETRE SPARSE romanzo a puntate

Racconto fanta-temporale, a puntate quasi settimanali, in tre volumi ambientati nell’anno  222 dopo Cristo nella valle dell’Adige, nell’anno 1222 sull’Appennino e nell’anno 2222 a Venezia.

…………………………………………………………………………………….. Le pietre sparse sono 12, il numero mitico ha tanti significati. In tutti i tempi, in tutti i luoghi la comprensione è mascherata. Svelarli assieme alla conoscenza dei massimi sistemi sarà compito del lettore. Allora il veggente che è in Voi si aprirà. …………………………………………………………………………………………………………..

SECONDO VOLUME anno 1222 (La ballata)

……………………………………………… prima puntata ………………………………………………….

>2.2.1-1 “Magni baroni certo e regi quasi,

conte Ugulin, giùdici di Gallore,

grandezza d’ogni parte in voi e magna:

ciò che grasisce il mio di voi amore,

e vol, non tanto sol già che permagna,

ma che acresca in tutti orrati casi;

e, se vol di grandezza esta di fore,

più de l’enterïore,

ché nulla di poder è podestate,

nulla de dignitate,

ver’ che di bonitate

è sovragrande e d’onor tutto orrata.

Chi pò grande dir rege [reo], non bono?

chi parvo om magno bono?

Tutti rei parvi son, tutti bon’ magni:

chi grandezza d’onor vol coronata,

di grandezza di bon ess’ acompagni.” (1)

2.2.1-2 La laida procace femmina, mezza sdraiata seduta sul tavolone Montaronebancone centrale, teneva tra le cosce la citola(2) pizzicata con freschezza, i nudi piedi sporchi di fango poggiati sulla panca, gorgheggiava la ballata di Guittone d’Arezzo, sporgendo i candidi seni. Tre gocciolose candele giallastre tentavano di illuminare le labbra carnose, i denti splendenti e l’antro fumoso della mansio (3). Due loschi figuri, avvolti in ampi e neri mantelli, parlottavano in un tavolo appartato e sotto le lane comparivano le guaine di lunghi ferri. Altri sbattevano i boccali sul tavolo per fare il ritmo, il vino acetoso(4) spandeva sui tavoli e riempiva i buchi scavati dai coltelli. Dentro il grande camino, due donne con le gonne di seta allargate sulle panche scaldavano i piedini gelati fasciati da calze variopinte, mentre la terza piccola ragazzina della comitiva, tentava ancora di allontanare la seta dalle fiamme. Ogni tanto qualche uomo in camicia bianca sopra le brache, staccava un pezzo di carne ben brustolita dal maiale lambita dal fuoco, poi girava di un poco la manovella dello spiedo. I tre uomini ben vestiti nascondevano sotto i mantelli posati sulle panche e sui tavoli sottili spadini e balestre  pesanti.

2.2.1-3 I due figuri bloccarono sulla porta l’ingresso di un ragazzino col camiciotto rosso e le brache attillate e gli dissero: “Convene te dir, fili mii, quale cità sii dunque versato” (Conviene che tu mi dica, figliolo, in quale città sei diretto) “Alo molino de Monteroni” (Al molino dei Monteroni) la via f“No dir pedana, no cale per li cavali” (Non dire stupidate, non è adatta ai cavalli) “Poi la Cassia se trova” (Poi passaimo sulla Cassia) “Ah Ah meschino, li sussulti tu habe” (Ah Ah meschino tu subirai degli scossoni) Il ragazzino corse dall’uomo elegante che gli chiese: “Que tu questunuaronno?” (Coasa ggli hai risposto alle domande?) “Lo contra verso glossai” (Gli ho detto il contrario) “D’essi gran scienza dispero” (Ho paura della loro furbizia) “Donna de la provincia la migliore e regin’ anco, specchio nel mondo, ornamento e bellore. Deggio menar Voi alo mestiere” ( O donna migliore della provincia e pure regina, specchio del mondo ed migliore ornamento, devo portarvi a destinazione.)

2.2.1-4 La 3 donne, i tre uomini ed il ragazzo si coprirono e si avviarono in tutta fretta alla carrozza  piccola, ma robusta. Intanto i due figuri si erano separati e mentre uno andava a cercare rinforzi nel borgo, l’altro spiava da un finestrella il traffico dei sei personaggi. Fecero fatica a sistemarsi nel loro mezzo  ed intanto Il nero uomo aveva già radunato dieci marcantoni grandi come armadi, armati di forconi che si lanciarono per il bosco. Lentamente le quattro ruote trainate da due ronzini striminziti, iniziarono ad arrancare  sulla strada sconnessa su per la collina. I dodici uomini si erano appena congiunti ai lati della strada Dopo due leghe (5) e già sentivano lo sferragliare avvicinarsi. Non ci volle 3 viemolto per stendere a terra due dei gentiluomini ed il ragazzo Data la forza preponderante della feccia che li aveva aggrediti. Le donne strillavano, piangevano e il terzo uomo, un vecchio col bastone Correva sulla strada al lume di luna aiutandosi col bastone. Due uomini lo rincorsero  colpendo il suo bastone per farlo cadere. Il bastone volò in aria rotto in due pezzi e faville multicolori Riflessero i raggi della luna: le pietre nascoste nel bastone cavo, si sparsero in tutte le direzioni e l’uomo cadde a terra con un urlo straziante. Non era ferito, non era colpito, ma la sua missione era fallita: Le pietre, LE PIETRE erano  perdute in mano a dei sacrileghi.<>

I numeri nell’ordine indicano: il primo LA PUNTATA , il secondo  IL VOLUME; il terzo IL CAPITOL; il quarto IL CAPOVERSO per ricostruire una continuità nel volume, evitare di confondere gli spezzoni, quando si stampa in sequenza puntate di diversi volumi e quindi poterli leggere  comodamente.
Fine della prima puntata del secondo libro raccontata dalla principessa al Papa Onorio III dopo due anni di sofferenze in mano ai briganti.File:OnorioIII.jpg
Note:
1-Rime di Guittone d’Arezzo, Testo del XIII secolo ” Magni baroni certo e regi quasi” (l’autore è nato ad Arezzo, 1235 circa – Arezzo, 1294) è stato un poeta e religioso italiano dell’Ordine dei Frati della Beata Gloriosa Vergine Maria (Gaudenti).citola

2-citola: specie di viola da gamba a cinque 0 sei corde suonata a bordone, solo pizzicata su due sole note do e sol    (Vedere a lato destro)—->

3- mansio: posto di ristoro per uomini e cavalli in alcuni tratti a sei leghe di distanza uno dall’altro

4- vino acetoso: praticamente non si beveva mai acqua, salvo in aperta campagna, perchè l’acqua era inquinata dalle fogne a cielo aperto e si beveva solo vino un pò annacquato, mal prodotto, mal conservato, o passato vecchio  svapoarato e quindi spessissimo sapeva di aceto. 5-La lega era usata nella Roma antica, dove era definita come 3 miglia. L’origine è nel Persiano parasang che è venuto a Roma tramite il Greco, . La lega era un’unità di lunghezza mai formalizzata e approssimativa, variante da luogo a luogo, ed esprimeva la distanza che una persona, o un cavallo, può percorrere al passo in un’ora di tempo (a seconda dei luoghi una grandezza variabile tra i 4 e i 6 chilometri).

Tra una settimana circa la  prima puntata del terzo libro ambientato su un satellite innovativo,
dove l’autore è lo scienziato  creatore  di nuove macchine.

Ogni settimana nuovi articoli, foto e documenti e tanto altro. A rileggerci.